Non è mai troppo presto per imparare a difendersi dalla ludopatia. E’ stato questo il tema dell’evento MAFIE E GIOCO che si è svolto martedì 27 settembre all’istituto “Ettore Majorana” di Termoli. Don Armando Zappolini: “la cosa più faticosa è stata di avere lo Stato dalla nostra parte” perché “davanti al guadagno di soldi tutto andava in secondo piano”.
Cominciare dalla scuola per avvicinare i giovani e i giovanissimi, mettendoli di fronte ai rischi del gioco d’azzardo patologico, dlela ludopatia e della dipendenza correlata. E’ stato questo il tema dell’ evento, nato con l’aiuto delle associazioni Konsumer Italia Molise, Casa dei Diritti e InFormare per creare forte contatto tra il fenomeno della dipendenza da gioco e la realtà studentesca dell’istituto “Ettore Majorana” di Termoli. “Mafie e gioco”, il titolo della manifestazione in cui si presenta il progetto “Giocare senza rischi”
“La ludopatia dal 2012, con il decreto Balduzzi, è riconosciuta ufficialmente come una malattia, anzi una vera e propria patologia per cui sono previsti assistenza e cura. “ ha affermato nel suo intervento introduttivo l On. Avv. Laura Venittelli, presidente de La casa dei diritti. “Soprattutto nel corso del lockdown” ha spiegato Venittelli ” tramite il nostro numero verde siamo entrati in contatto con numerosi ludopatici. Numero verde che ora, grazie al lavoro dei nostro esperti ed al supporto di quattro ragazzi del Servizio civile universale, abbiamo ulteriormente potenziato”. “I nostro volontari -ha detto ancora Venittelli- sono attivi al nuovo numero verde 800.661.501, sei giorni alla settimana con l’intento di orientare le persone affette da ludopatia verso due direttrici: quella medica, e dunque i Serd e la rete di psicologi che si sono messi a disposizione, e verso un aiuto giuridico ed economico, grazie alla legge Salvasuicidi“.
All’incontro ha partecipato anche Don Armando Zappolini, da sempre impegnato contro le dipendenze e le marginalità sociali.
” La campagna ‘mettiamoci in gioco’ è nata, perché 10 anni fa, attraverso i servizi pubblici (come il vecchio SERT) e le loro rappresentanze nazionali, cominciavamo ad avere sempre più persone che chiedevano aiuto per questa dipendenza, la ludopatia,(che non era ancora riconosciuta come tale)” ha detto Zappolini. Che ha aggiunto, ricordando la sua esperienza personale “ho gestito la comunità terapeutica per tanti anni , poi ho avuto questo incarico nazionale. Sono partito dal bisogno di fare del bene e, nell’approfondire questo percorso intrapreso, ci siamo incrociati con la mafia, che è profondamente coinvolta in questo business, perché, come le mosche, vola sempre sul “miele”: quando ci sono soldi in ballo, tanti, o la possibilità di fare soldi a discapito di altri, la mafia arriva”.
“La cosa più faticosa è stata di avere lo Stato dalla nostra parte”, ha detto ancora Zappolini, parlando delle tante “porte chiuse” incontrate perché “davanti al guadagno di soldi tutto andava in secondo piano”.
“Bisogna partire dal “basso -ha sottolineato Zappolini- con le collaborazioni e i piccoli eventi come questi. Per dire che la salute dei cittadini viene prima di ogni guadagno. Nel 2017 scrissi un articolo ‘GIOCO SPORCO,SPORCO GIOCO’ dove misi a paragone i due lati del gioco legale e illegale e anche una lista di inchieste. Alle mafie serve riciclare denaro. E chi gestisce i soldi in Italia? Le Banche e le Mafie. Solo che, le prime possono utilizzare i soldi, distribuirli e farli circolare senza preoccupazioni. Ma le seconde no, e dunque hanno bisogno di giustificarli e pulirli. Quindi riciclarli”.
“Il rapporto tra mafie e gioco legale/illegale è un rapporto molto proficuo. Tutto questo produce una malattia vera e propria, una dipendenza. Il concetto del vizio, che per anni ha accompagnato chi come noi si occupa di dipendenze, è devastante. Quando scatta la dipendenza è difficile tornare indietro” ha aggiunto ancora Padre Zappolini.
Che ha concluso “ Quante volte mi sono trovato ad ascoltare i ragazzi agli inizi delle esperienze di contatto con le droghe, accompagnati dalle persone a loro care, dire ‘ smetto quando voglio’ . Non è così. Io sono convinto della buona volontà delle persone, ma purtroppo non basta, perché la dipendenza è quando ti serve frenare e il freno non funziona più”.