Nell’assordante silenzio della politica tutta e nella pressoché totale indifferenza della opinione pubblica, le donne polacche stanno combattendo una durissima battaglia per la difesa del diritto all’aborto.
Complici le misure restrittive applicate per il contenimento della pandemia da Covid 19, le polacche (madri e non, figlie, nonne e “semplici” attiviste) sono state fermate dalla polizia durante una imponente manifestazione di piazza, a Varsavia come in centri più piccoli.
Le stesse manifestanti dichiarano di aver rispettato le norme, distanziamento in primis, ma la rivoluzione “gentile” è stata smantellata.
Allora la rivolta si è spostata sul web, con incontri ed un tam tam che ormai è divenuto noto a livello mondiale e che tenta in tutti i modi di evitare che venga approvata una legge che avrebbe come conseguenza, non solo la soppressione di un diritto sacrosanto, ma anche il rischio per la salute di molte donne.
Il governo polacco ha stretto enormemente le maglie del diritto all’aborto e tale decisione è tanto più grave se si pensa che identico tentativo era stato compiuto nel 2016.
In quella occasione le manifestazioni gigantesche del popolo polacco avevano condotto all’abbandono dello scellerato disegno.
Ma oggi quel diritto è messo nuovamente in discussione, riconosciuto soltanto in casi rigidamente determinati.
Una delle prime conseguenze è che le donne sono costrette ad assumere pillole abortive acquistate sul web senza alcuna garanzia e senza alcun controllo medico, come nei regimi peggiori, oppure recarsi in cliniche fuori dal paese, dal momento che vedono cancellati i loro appuntamenti in ospedale per procedere alle interruzioni programmate di gravidanza.
Come se la scelta di una donna di abortire fosse presa a cuor leggero o debba essere giustificata dinanzi all’opinione pubblica, che deve giudicarti prima “meritevole”.
La decisione di abortire, nella maggior parte dei casi, è frutto di un travaglio interiore che la legge non potrà mai incasellare in rigide categorie.
Oggi il movimento nato per la difesa di questo diritto è diventato trasversale; alle manifestazioni si sono uniti studenti ed associazioni LGBT, ma anche gente “comune” che invoca un cambiamento a livello governativo.
Perché i diritti fondamentali vanno difesi e sono lo specchio della civiltà di un popolo.
In una Europa unita non si può pensare di far passare sotto silenzio una battaglia di tale portata.
Oggi è il diritto all’aborto ad essere messo in discussione, domani chissà…
La Casa dei diritti è, idealmente e con il cuore, al fianco delle donne e degli uomini che si battono in Polonia per il diritto all’aborto e per un cambiamento che possa garantire che i diritti fondamentali venga considerati intangibili nel loro nucleo essenziale. (foto in evidenza e in home page di corriere.it)