Ragazzi drop out: “la scuola non mi serve!”.

admin

Una questione annosa che interessa trasversalmente tutte le regioni di Italia, e mai come in questi ultimi decenni, è quella relativa al grave problema dell’abbandono scolastico, nota anche come fenomeno del Drop Out (cadere fuori).

Con l’espressione “Abbandono Scolastico” si fa riferimento a tutte le forme di ritiro dall’istruzione, prima del completamento del ciclo di studi secondario superiore o dei suoi equivalenti nella formazione professionale.

Da un confronto statistico tra i dati europei emerge il basso livello di scolarità in Italia, dove il gap più significativo si registra nell’istruzione universitaria.

Nel nostro Paese l’abbandono scolastico colpisce soprattutto il Mezzogiorno dove, le regioni maggiormente interessate sono: Campania, Basilicata, Calabria e Molise.

 

Secondo i dati  ISTAT degli ultimi due anni (2017-2019) la dispersione scolastica è cresciuta e riguarda un giovane su quattro di età compresa tra i 15 e 29 anni. A certificarlo è l’ultimo Rapporto sul “Benessere Equo e Sostenibile” (Bes) dell’Istat, che nel 2017, segna una flessione dell’indice per il dominio “Istruzione e formazione”, interrompendo un trend positivo che aveva caratterizzato gli anni precedenti (www.istat.it).

La quota dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano rimane pericolosamente elevata. Secondo uno studio a cura dell’Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e altre professioni, il tasso di abbandono della popolazione maschile è di circa il 20,2%, mentre quello femminile è del 13,7%.

Eppure, commenta l’Istat, “l’accesso per tutti ad un sistema di istruzione di qualità e la permanenza nel sistema almeno fino al completamento del diritto-dovere all’istruzione sono fondamentali prerequisiti per il miglioramento del capitale sociale di un Paese”.

L’Oxfam Italia, in un report pubblicato nel 2019 e confermato dai dati Eurostat, mostra che l’abbandono precoce degli studi è aumentato, con il 14,5% dei ragazzi tra 15 e i 24 anni in possesso della sola licenza media.

L’Italia è attualmente il quarto Paese per abbandoni precoci in Europa, dopo Malta, Spagna e Romania.

In Molise, lo strumento che ha lo scopo di monitorare,  prevenire e contrastare la dispersione scolastica e, più in generale, migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione è “l’Osservatorio Scolastico Regionale”. Nell’ambito delle iniziative di programmazione degli interventi in materia di istruzione, il Servizio Istruzione e Formazione Professionale, con DGR 177/2016 e con DGR 358/2016, ha avviato la costruzione dell’Anagrafe Regionale degli Studenti che consenta di detenere una visione d’insieme sul fenomeno e sulle cause che portano alla dispersione scolastica. (www.regionemolise.it)

Le cause dell’abbandono scolastico tra gli adolescenti sono intimamente connesse e condizionate dal sistema familiare, dal retaggio socio-culturale di provenienza e dalla sussistenza o meno di una condizione economica disagiata. Il livello di istruzione dei genitori ha un peso specifico nella scelta di proseguire gli studi da parte dei figli. Questo ultimo dato è stato ampiamente documentato attraverso indagini statistiche, portando in evidenza come un livello di istruzione medio basso nei genitori condizioni negativamente la prosecuzione negli studi dei figli.

Nonostante la Costituzione Italiana stabilisca che (art.3) “la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono di fatto il pieno sviluppo della persona umana”; e che (art. 34) “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, restano tuttavia precetti auspicabili ma poco praticati.

 

La dispersione scolastica è un fenomeno da non sottovalutare perché la sua eco ha una risonanza a livello sociale importante. Nel lungo periodo si prevede un calo drastico e preoccupante del livello di istruzione e preparazione nelle future generazioni. Una conseguente approssimazione nella gestione delle amministrazioni, della politica, della istruzione, della economia, in un circolo vizioso dal quale sarà difficile venire fuori e dagli esisti nefasti.

Nell’immediato assistiamo a formarsi di quella che è stato definita la Generazione NEET.

NEET è l’acronimo inglese di “Neither in Employment nor in Education or Training”, e si riferisce ad adolescenti che non sono impegnate nello studio, né nel lavoro né in altro tipo di  formazione professionale. Giovani che non hanno un impiego né lo cercano.

È un termine di classificazione per una particolare fascia di popolazione tra i 15 e i 29 anni. Negli ultimi anni la forbice si è allargata arrivando ad includere i giovani fino a 35 anni, se ancora coabitanti con i genitori.

Appare evidente come la mancanza di occupazione influenzi precocemente le scelte delle giovani generazioni che si vedono portare via, con rassegnata sfiducia e impotenza, ogni possibilità concreta di realizzare i propri progetti. L’abbandono scolastico è il primo anello della catena su cui intervenire per infondere fiducia e per cercare di dare strumenti concreti per la realizzazione dei propri sogni.

Io stessa appartengo a quella generazione che ha vissuto l’infanzia durante anni ricchi, spensierati, disimpegnati, allegri. Chi come me è nato negli anni Ottanta sa di cosa parlo!

Siamo cresciuti nelle certezze, più che nella  speranza, che tutti i nostri sogni di bambini si sarebbero avverati. Abbiamo nutrito il nostro Io Ideale con progetti grandiosi e aspettative altissime. Ci siamo fusi e confusi con l’immagine di noi stessi potenti e appagati, soddisfatti e completi.

Siamo stati forse la generazione più delusa della storia!

Il tempo ha disatteso le nostre ambizioni e il confronto con una realtà limitante, ha generato frustrazione e insoddisfazione.

Siamo la generazione che, passati i Trenta, cerca ancora un compromesso tra le aspirazioni di una personale realizzazione e le asfittiche contingenze della vita.

Siamo ancora figli in un’età in cui i nostri genitori avevano figli.

Subiamo la dicotomica condizione  tra essere precari o disoccupati, ed un alto livello di istruzione.

Viviamo la contraddizione dei limiti imposti da una realtà che non ci consente di essere pienamente adulti, in una età che non ci autorizza ad essere adolescenti.

La mia generazione ha conosciuto il sacrificio e l’adattamento. La disillusione e il compromesso tra istanze interne e quelle reali. Ha saputo fare tesoro del poco, con resilienza. Ha continuato a nutrire i propri sogni a dispetto degli impedimenti.

Vivere un territorio non può significare solo abitarlo ma essere partecipe, conoscere le dinamiche che lo attraversano, con consapevolezza. La Casa dei Diritti vuole essere anche questo: un vertice di osservazione, sensibile e attento, a ciò che accade. Un punto di riferimento ed un luogo di incontro per coloro che ne avessero desiderio e facessero richiesta. Si pone come interlocutore tra le istituzioni e le persone, come momento di scambio, sostegno e tutela.

 

Una poesia di Blaga Dimitrova esprime appieno il senso di ciò che sento quando mi accosto alle nuove generazioni: “Nessuna paura che mi calpestino. L’erba battuta diventa sentiero”. 

 

Federica Buri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *