L’8 giugno prossimo il TAR del Molise sarà chiamato ad esprimersi sulla opportunità di sollevare la questione di ” legittimità costituzionale ” della legge Balduzzi (L. 95/2012) e del Dm. 70/ 2015. Un fatto di importanza cruciale, perché su quella decisione potrà nascere un’idea diversa di sanità, finalmente in grado di tutelare innanzitutto i più deboli.
Sulla base di quanto stabilito dalla costituzione (art.32), e dalla legge 833/78, ogni cittadino italiano ha diritto di vedere tutelata la propria salute, secondo i principi di universalità ed uguaglianza. Questo significa che le prestazioni sanitarie vanno garantite a tutta la popolazione, in relazione ai bisogni di ciascuno.
Si tratta di criteri di straordinario rilievo che tuttavia, come sappiamo, soprattutto nei territori più marginali, rimangono spesso sulla carta.
Proprio per questo, la Casa dei diritti è da tempo impegnata nell’affermazione del ‘diritto alle cure’: non basta infatti semplicemente enunciare che si vuol garantire la salute per ogni cittadino, è necessario far in modo che ciò avvenga realmente. E’ per questo che stiamo portando avanti una battaglia legale non semplice per la soppressione della legge 95/2012 e dei tanto discussi standard stabiliti nel DM 70/2015.
E’ inaccettabile infatti che chi vive in un’area interna o marginale del Paese abbia una possibilità di accedere alle cure enormemente minore rispetto a chi vive in città. Che le regioni più ricche possano godere di una sanità migliore rispetto a quelle più povere. E che quelle con una popolazione minore si vedano tagliati servizi essenziali in quanto ritenuti non ‘sostenibili’ economicamente. Con buona pace del diritto universale alla salute sancito dalla Carta costituzionale.
Sappiamo che ciò si deve soprattutto alla legge Balduzzi ( 95/2012), voluta dal Governo Monti, in seguito alla quale si è stabilito che solo dove ci siano importanti bacini di utenza (minimo 600.000 abitanti) si possa usufruire di determinate prestazioni. In caso contrario, oltre a non avere accesso alle cure, si rischia letteralmente la vita, e in molti casi la si perde. Perché nelle aree marginali manca addirittura la rete dell’emergenza urgenza.
Da questo decreto partono poi anche le ragioni delle chiusure di tanti punti nascita a livello nazionale (DM 70/2015), in Molise come in Sicilia come in tante aree interne del Paese.
In pratica, in barba all’articolo 3 della Costituzione, la residenza in una regione piuttosto che in un’altra finisce col sancire spesso il confine tra la salute e la malattia, se non addirittura tra la vita e la morte.
Un fatto inaccettabile, un obbrobrio democratico ed umano al quale va posto rimedio. E contro il quale ci stiamo battendo e ci batteremo con tutte le forze.