Storie di figli di genitori separati
Ciao, mi chiamo Luca e ho 17 anni.
Quando i miei genitori si sono separati io non lo so. Non li ricordo insieme, non so se per un effetto di autoprotezione del cervello che ha rimosso ciò che faceva male o perché forse ero troppo piccolo per ricordare.
Sono figlio unico e non mi è mai mancato nulla, anzi meglio precisare che ho avuto tutto quello che desideravo. Il mio papà è un architetto e la mia mamma un avvocato e i soldi non sono mai mancati.
La mia cameretta è sempre stata un luogo incantato, la stanza dei balocchi, delle meraviglie, piena di giochi, di novità, il luogo del tutto è concesso.
Del loro rapporto ricordo solo aggressioni verbali di mio padre arrabbiato con lei, molto arrabbiato, e poi ho un ricordo del post separazione, quando avvertivo la sua disperazione, il suo tentativo estenuante di colmare il vuoto e la solitudine che quel distacco gli aveva provocato.
Di mamma ricordo che trasmetteva l’ansia di ritrovarsi un bimbo piccolo e un ex marito ostile e la consapevolezza che non l’avrebbe aiutata su nulla e la paura di non riuscire a superare tutte le difficoltà che questo avrebbe comportato.
E poi c’ero io, che mi facevo sempre più invisibile per non dare fastidio, tentavo ostinatamente di accontentarli entrambi, un desiderio il mio, colmo d’amore e di paura di ferirli, di rendergli tutto più semplice.
Credo che mamma avesse un altro uomo, ma questo è quello che io penso perché lei l’ha sempre negato, anche a papà.
Mamma e papà sono state sempre persone totalmente diverse, come dire, il bianco e il nero, il diavolo e l’acqua santa, mi sono sempre chiesto come avessero fatto a finire insieme, ma credo che si sia trattato di una di quelle situazioni inspiegabili che la vita riserva. Papà una persona estremamente precisa, mamma totalmente fuori controllo.
La scuola è stata una salvezza. La scuola è bella. Un luogo sano ai miei occhi, occhi abituati a così poca armonia familiare, mi dava un senso di sicurezza, un luogo dove il dolore non esisteva e le brutte emozioni lontane. E poi era pieno di bambini come me, che ero figlio unico e amavo stare in mezzo agli altri. Forse per compensare, chissà.
Facevo tanto sport, ero pieno di amichetti che entravano in casa in tutte le ore del giorno e della notte perché a casa mia si poteva saltare sui letti fino a rompere le molle senza che mamma dicesse mai niente.
All’età di 12 anni ho iniziato ad uscire da solo e non ho mai avuto orari. I miei amici non capivano questa cosa, per loro esistevano orari da rispettare per tutto. Per me no, mamma mi faceva fare quello che volevo per accontentarmi.
Io mi vergognavo con i miei amici quando mi chiedevano incuriositi “ma tuo padre dov è? Non c’è mai?”, non sapevo cosa rispondere, mi faceva male ma non lo dicevo mai a nessuno.
Ero all’apparenza un bambino così socievole, pieno di vita, vivace, cercavo la gioia fuori perché la stavo perdendo dentro. Si, me la stavano togliendo tutta.
Percepivo tutto il dolore dei miei genitori, il dolore e la paura e tutte le brutte emozioni che una separazione può portare io le sentivo dentro, profondamente.
E’ stato il mio divorzio prima che il loro. Il divorzio da tutto ciò che un bimbo piccolo non deve provare e che mai più la vita gli potrà ridare. Una ferita incolmabile.
Il “mio” divorzio dalla base delle certezze, dalla sicurezza, dalla fiducia.
Però, dai, avevo la play station, sempre l’ultimo modello.
E, nonostante tutto, non era poco.
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